Perché
continuava a sognarlo?
Perché il
suo subconscio si ostinava a tirarlo fuori?
Un
coniglio da un cappello a cilindro.
Et voilà!
Giovanni.
Tutte le
notti. Regolare. Un orologio.
Se ne era
andata lontano. Lontano.
Aveva
messo più di duemila chilometri di distanza tra lei e lui. Chilometri di
campagne e di paesi e di città e di fiumi e di montagne e mare. Ora viveva in
un altro posto. In un mondo diverso. Vedeva altra gente. Non aveva più niente
da spartire con lui.
Eppure...
L'ultima
volta che lo aveva sentito era stato tre mesi prima, al telefono. Roba di
vecchie bollette non pagate, risolta in cinque minuti.
Ti mando i soldi, quante? Va
bene, non ti preoccupare.
Eppure...
Eppure
continuava a sognarlo. Giovanni.
Francesca Morale si alzò dal
letto. Si sentiva stanca, affaticata e imbarazzata da quel piacere che si era
presa incoscientemente. Odiava quel perverso lavorio che faceva il suo
cervello ogni notte appena la coscienza moriva, uccisa dal sonno.
Ricordava tutto molto bene.
Quella notte erano stati a sciare in uno strano posto. Poteva essere
un'isola? Capri? Coperta di neve. Al posto dei faraglioni iceberg azzurri
affilati come lame. Metri di neve coprivano la piazzetta, i tavolini, le scale
della chiesa.
Si rincorrevano, affondavano nel manto candido, si tiravano su. Poi
sprofondavano in una fossa di ghiaccio. Una luce diffusa e azzurra rischiarava
la loro tana. La loro tana da orsi. Sentiva ancora nel naso l'odore di
selvatico e d'escrementi che riempiva quel buco.
Là dentro avevano fatto l'amore.
Non in maniera normale, come ogni cristiano dovrebbe fare. Lui l'aveva
afferrata con le sue mani rozze, gettata a terra e se l'era sbattuta da
dietro. Come una cagna. L'aveva insultata dicendole che era una puttana e
martellata. Immobilizzata per i capelli. Affogata nella neve.
In definitiva era stata stuprata.
Ti è piaciuto! Ti è piaciuto! Ti è piac...
Che cosa fastidiosa!
Le era piaciuto.
Francesca andò in bagno. Si gelava là dentro. Le mattonelle bianche e
umide. Quel terribile neon giallo.
Un languore sensuale le ristagnava addosso, nella carne, nonostante il
freddo pungente, rendendola indolente e pigra.
Poggiò le mani sul lavandino e si guardò nello specchio.
Il sogno le balenava davanti ancora vivido, come in un film porno di
quarta.
Aveva la faccia sbattuta. Stanca. Le narici dilatate e rosse. Gli occhi
gonfi e le occhiaie. Come se non avesse dormito.
Hai la faccia... la faccia di una che ha fatto sesso. Semplice, pensò.
Si toccò i seni. Erano gonfi come quando aveva le sue cose. I capezzoli
turgidi e doloranti e scuri come se fossero stati strizzati da mollette.
Viscido tra le gambe.
Sentiva ancora addosso le manate di Giovanni.
Si bagnò la faccia con l'acqua fredda.
E aspettò che l'ondata passasse. Che il sogno si dissolvesse.