Tales of Mystery and Imagination

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Luigi Capuana: Delitto ideale



—E la giustizia?—esclamò Lastrucci.
—Quale?—replicò Morani.—Di quella del mondo di là, nessuno sa niente; la nostra, l'umana, è cosa talmente rozza, superficiale, barbarica, da non meritar punto di essere chiamata giustizia. Condanna o assolve alla cieca, per fatti esteriori, su testimonianze che affermano soltanto l'azione materiale, quel che meno importa in un delitto. Il vero delitto, lo spirituale, resultato del pensiero e della coscienza, le sfugge quasi sempre; e così essa spessissimo condanna quando dovrebbe assolvere e assolve, pur troppo! quando dovrebbe condannare.
—Ecco i tuoi soliti paradossi! La giustizia umana fa quel che può.
Vorresti dunque punire fin le intenzioni nascoste?
—Certamente. Un omicidio pensato, maturato con lunga riflessione in tutti i suoi minimi particolari e poi non eseguito perchè l'energia dell'individuo si è già esaurita nell'idearlo e prepararlo, è forse delitto meno grave d'un omicidio realmente compiuto?
—Tu foggi un caso strano, eccezionale.
—Più comune di quanto immagini. Ed io ho conosciuto un uomo, degno veramente di questo nome, il quale si è giudicato da sè per un delitto di tal genere, e si è punito come se avesse proprio commesso l'omicidio soltanto fantasticato e progettato.

Luigi Capuana: Storia fosca

Luigi Capuana


- Tu menti! - urlò il barone.

Era pallido come un morto, tremava tutto e fulminava cogli occhi il vecchio servitore che gli stava davanti, pallido anche lui, la testa bassa, il viso pieno di lagrime.

- Eccellenza!

E il vecchio giungeva le mani, in atto di preghiera.

Ma il barone si era slanciato sulle pistole posate sopra un tavolino:

- Confessa che hai mentito! Confessa che hai mentito! - Soffocava, dalla rabbia.

Il vecchio portò le mani al viso, senza indietreggiare, senza difendersi: - Aveva detto la pura verità! Abbiamo un'anima sola; non voleva dannarsi! -

Allora il barone sentí cascarsi le braccia; e guardava attorno, smarrito: - Non credeva ancora alle sue orecchie! -

La camera era inondata di luce. Per le aperte invetriate un sorriso di verde, un profumo di primavera irrompevano follemente dal giardino della villa. Il cinguettio dei passeri sul tetto e fra gli alberi, lo schiamazzo delle galline e dei tacchini nella corte, l'allegro abbaiare dei cani echeggiavano per la volta come un coro di festa, un'irrisione in quel punto.

Il barone aveva posate le pistole sul tavolino, macchinalmente, barcollando, e si passava le mani sulla fronte bagnata d'un sudore ghiaccio.

Luigi Capuana: Il vampiro

Luigi Capuana


«No, non ridere!», esclamò Lelio Giorgi, interrompendosi.

«Come vuoi che non rida?», rispose Mongeri. «Io non credo agli spiriti».

«Non ci credevo... e non vorrei crederci neppur io» riprese Giorgi. «Vengo da te appunto per avere la spiegazione di fatti che possono distruggere la mia felicità, e che già turbano straordinariamente la mia ragione».

«Fatti?... Allucinazioni vuoi dire. Significa che sei malato e che hai bisogno di curarti. L'allucinazione, sì, è un fatto anch'essa; ma quel che rappresenta non ha riscontro fuori di noi, nella realtà. È, per esprimermi alla meglio, una sensazione che va dall'interno all'esterno; una specie di proiezione del nostro organismo. E così l'occhio vede quel che realmente non vede; l'udito sente quel che realmente non sente. Sensazioni anteriori, accumulate spesso inconsapevolmente, si ridestano dentro di noi, si organizzano come avviene nei sogni. Perché? In che modo? Non lo sappiamo ancora... E sogniamo (è la giusta espressione) a occhi aperti. Bisogna distinguere. Vi sono allucinazioni momentanee, rapidissime che non implicano nessun disordine organico o psichico. Ve ne sono persistenti, e allora...

Ma non è questo il tuo caso».

«Sì; mio e di mia moglie!».

«Non hai capito bene. Noi scienziati chiamiamo persistenti le allucinazioni dei pazzi. Non occorre, credo, che io mi spieghi con qualche esempio... Il fatto poi che siete due a soffrire la stessa allucinazione, e nello stesso momento, è un semplice caso d'induzione. Probabilmente sei tu che influisci sul sistema nervoso della tua signora».

«No; prima è stata lei».

«Allora vuol dire che il tuo sistema nervoso è più debole o ha più facile ricettività... Non arricciare il naso, poeta mio, sentendo questi vocabolacci che i vostri dizionari forse non registrano. Noi li troviamo comodi e ce ne serviamo».

«Se tu mi avessi lasciato parlare...».

«Certe cose è meglio non rimescolarle. Vorresti una spiegazione dalla scienza? Ebbene, in nome di essa, io ti rispondo che, per ora, non ha spiegazioni di sorta alcuna da darti. Siamo nel campo delle ipotesi. Ne facciamo una al giorno; quella di oggi non è quella di ieri; quella di domani non sarà quella di oggi. Siete curiosi voialtri artisti! Quando vi giova, deridete la scienza, non valutate nel loro giusto valore i tentativi, gli studi, le ipotesi che pur servono a farla progredire; poi, se si dà un caso che personalmente v'interessa, pretendete che essa vi dia risposte chiare, precise, categoriche. Ci sono, pur troppo, scienziati che si prestano a questo gioco per convinzione o per vanità. Io non sono di questi. Vuoi che te la dica chiara e tonda? La scienza è la più gran prova della nostra ignoranza. Per tranquillarti, ti ho parlato di allucinazioni, di induzione, di recettività... Parole, caro mio! Più studio e più mi sento preso dalla disperazione di sapere qualcosa di certo. Sembra fatto apposta; quando gli scienziati già si rallegrano di aver constatato una legge, pàffete! ecco un fatto, una scoperta che la butta giù con un manrovescio. Bisogna rassegnarsi. E tu lascia andare, quel che accade a te e alla tua signora è accaduto a tanti altri. Passerà. Che t'importa di sapere perché e come sia avvenuto? T'inquietano forse i sogni?».

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