Tales of Mystery and Imagination

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Stefano Massaron: Il rumore



Salve a tutti. Ho quarantasei anni e non mi posso lamentare. Faccio il redattore in una rivista femminile, guadagno abbastanza bene da mantenere la mia famiglia, ho una moglie a cui voglio bene, due figli adolescenti che non mi danno troppi problemi e, piano piano, sto finendo di pagare il mutuo della casa, un appartamentino di tre locali più servizi in un quartiere relativamente tranquillo di Milano.
Non mi posso lamentare, dicevo. Be', non è del tutto vero, in realtà: ultimamente, mi capita sempre più spesso di fare fatica a dormire. Il motivo ve lo spiegherò tra poco. Per questo (e su consiglio del mio medico di famiglia, a cui sono molto affezionato e di cui mi fido moltissimo), ho deciso di raccontare per iscritto la storia di Debora la Palla. Forse, se lo faccio, i ricordi smetteranno di tormentarmi.
E stato tanto tempo fa (eravamo alla fine degli anni Cinquanta), ma mi sembra che non sia passato nemmeno un giorno: sempre più spesso, negli ultimi tempi, quando sono sul punto di addormentarmi ecco che mi balza davanti agli occhi quel suo faccione da luna piena, quei suoi capelli unticci, quegli occhi bovini che sembravano quasi scomparire nella faccia bianco-latte butterata da concentrazioni rossastre di acne, sfoghi e pustolette. F di lei che sto parlando, ovviamente: Debora la Palla. Cerco sempre di scacciarla, mi divincolo tra le lenzuola per liberarmi della sua presenza, lotto sull'orlo del sonno per togliermela dalla testa: a volte ci riesco, e mi metto a dormire. A volte, però, sento il rumore, quel rumore. E allora non dormo più.
La mamma le apre la porta, e Debora non ha il coraggio di guardarla in faccia. Se ne sta li con gli occhi bassi a fissare la vestaglia lisa, stretta in vita da una cintura di stoffa macchiata dall'uso. Il solito odore di zuppa di cipolle permea la casa, e Debora vi si rifugia quasi con impazienza, sperando che il familiare conforto dell'abitudine attenui il bruciore dei graffi e il dolore della vergogna che le infiamma le gengive.
La mamma le mette una mano sotto il mento e le solleva la testa, costringendola a guardarla negli occhi.

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