La sera, Roma piange. È stata questa la prima impressione che ho avuto della città quando sono arrivato, tre anni fa, profugo da un piccolo paese di provincia della Calabria.
All'inizio, era inverno, e il cielo, la sera, si tingeva di rosso. Un rosso acceso. Avevo già sentito parlare dei famosi tramonti di Roma, ma pensavo fosse una leggenda per attirare i turisti. E invece è vero: la sera, tutte le sere, Roma, al tramonto, si tinge di rosso. A volte anche quando sta piovendo. I tetti, le strade, i palazzi, le antenne TV (quante antenne!), tutto riflette il rosso di quel sangue improvviso.
Appena arrivato avevo faticato parecchio per trovare un lavoro. Vendevo fazzolettini di carta e deodoranti per auto ai semafori, e bastava appena per pagarmi la pensione dove dormivo e i pasti in qualche bettola a Trastevere. Poi, improvvisamente, anche le bettole sono diventate di moda, e mi sono accorto che i prezzi aumentavano e la gente che ci mangiava era sempre più elegante. Un giorno, il cameriere tunisino mi ha portato il menu: pasta e fagioli, quindicimila lire. Allora ho capito che Trastevere non faceva più per me e mi sono trasferito a Termini.
La stazione centrale di Roma è un grosso ragno che inghiotte tutto, questa era stata la prima impressione. Avevo cominciato a mangiare a un centro di carità, a pochi passi da Termini, e a vivere insieme a loro, i barboni. Non si sarebbe detto che ce ne fossero tanti, ed erano tutti ammassati là. Si piazzavano davanti alla libreria della stazione, davanti alla farmacia, e importunavano la gente. Conoscevano tutti i negozianti e si facevano regalare i gelati dai ragazzi del negozio di caramelle. Nessuno diceva niente. Ma questa, dovevo impararlo in seguito, è una caratteristica della città.
Finché non sono arrivato io, almeno.
I controllori dei cancelli all'inizio mi facevano entrare senza biglietto. Poi avevano cominciato a fare storie. Comunque, potevo stazionare nell'atrio quanto volevo.
Un giorno, mi si era avvicinato un signore anziano. Me ne stavo in giro a vendere gli accendini.
- Sei italiano ? - mi aveva chiesto.
- Sono di Polistena, in Calabria, - anche se non era del tutto vero, perché abitavo a Rosarno.
- Non ti fa schifo tutto questo marciume ? - aveva continuato.
- Ma quale marciume... Dai, nonno, non rompere le palle.
- Non hai bisogno di soldi, non vuoi dormire in un albergo decente ?
Quel vecchio mi aveva proprio scassato il cazzo. Vuole che lo prenda in culo da lui, è un frodo travestito da signore, avevo pensato.