Tales of Mystery and Imagination

Tales of Mystery and Imagination

" Tales of Mystery and Imagination es un blog sin ánimo de lucro cuyo único fin consiste en rendir justo homenaje a los escritores de terror, ciencia-ficción y fantasía del mundo. Los derechos de los textos que aquí aparecen pertenecen a cada autor.

Las imágenes han sido obtenidas de la red y son de dominio público. No obstante, si alguien tiene derecho reservado sobre alguna de ellas y se siente perjudicado por su publicación, por favor, no dude en comunicárnoslo.

Showing posts with label Valerio Evangelisti. Show all posts
Showing posts with label Valerio Evangelisti. Show all posts

Valerio Evangelisti: RACHID

Valerio Evangelisti, Relatos de misterio, Tales of mystery, Relatos de terror, Horror stories, Short stories, Science fiction stories, Anthology of horror, Antología de terror, Anthology of mystery, Antología de misterio, Scary stories, Scary Tales


Io, Rachid, nato in Palestina e vissuto in Siria, giuro che mai e poi mai rinnegherò il santo nome di Allah. Sono venuto in Afghanistan come ero stato in Cecenia, per difendere l’Islam dai nuovi crociati che cercano di distruggerlo. Mi sono battuto con onore e mi sono arreso solo quando il nostro comandante mi ha detto di farlo. Gli americani potranno cercare di umiliarmi, ma io conserverò fino all’ultimo la mia dignità.
E’ inutile che adesso, col sacchetto ridicolo che mi hanno messo in testa e con le strisce di plastica che mi feriscono i polsi, tentino di piegare la mia volontà. Un soldato di Allah non si lascia spaventare dal buio, né dall’obbligo di tenere corpo e testa piegati in avanti, né dalle percosse. Resisterò, perché così comanda il Misericordioso. Resisterò anche sull’aereo che mi sta per portare nella terra di Satana.
Sono ormai due ore che siamo decollati. Fatico molto a respirare. Ma cosa conta la mia sofferenza? Brucia ancora nella mia mente il ricordo dei fratelli sepolti vivi, a… Laggiù, dietro il carcere.
Quanti erano? Cento? Duecento? Alcuni imploravano pietà, ma la maggior parte di loro erano dignitosi. Molti perdevano sangue dalle ferite, e sapevano che comunque non sarebbero sopravvissuti a lungo. I vecchi sembravano rassegnati, però erano pochi. L’età dei più era all’incirca la mia: vent’anni. Gridavano ancora le loro maledizioni, mentre i camion coprivano con la sabbia la fossa in cui erano distesi. A tanti erano state serrate le labbra con un cerotto, ma non a tutti. Chi non poteva pregare o gridare lo faceva con gli occhi. Non credo che i soldati americani capissero parole o sguardi. Osservavano indifferenti, e lasciavano fare ai loro servi afgani.
E’ in nome di quei martiri che io, Rachid, terrò duro.
In fondo, la ridicola tuta arancione che mi hanno fatto indossare prima di salire in aereo mi torna comoda. Mi ripara dal freddo. Mi dispiace solo di non vedere i miei fratelli in Allah, a causa del cappuccio. Ce n’è uno che urla, forse per una ferita. Alcuni piangono, tuttavia sono pochi. Io li comprendo, è per via dell’età. Sono poco più che bambini.

Valerio Evangelisti: Fluidità corporea

Valerio Evangelisti, Fluidità corporea, Relatos de misterio, Tales of mystery, Relatos de terror, Horror stories, Short stories, Science fiction stories, Anthology of horror, Antología de terror, Anthology of mystery, Antología de misterio, Scary stories, Scary Tales


1
Vi hanno mai detto “Guarda che faccia da delinquente”? Io me lo sono sentito dire tante volte che ho perso il conto, da quando una graffetta tiene ferma la mia effigie in un dossier criminale. Ciò che è paradossale è che, ora che sono morto, di me non è rimasta che la faccia, destinata a sopravvivere, per decenni se non per secoli, nella foto segnaletica che mi fece la polizia quando mi arrestò.
E per decenni o per secoli chiunque vedrà quella foto ripeterà: “Guarda che faccia da delinquente”.
2
Non aspiravo a questa semi-immortalità. Me la sono ritrovata addosso senza averla preventivata. Direte: è ciò che accade normalmente con le fotografie. Sì, però una foto segnaletica non è una rappresentazione oggettiva. Ti raffigura in un attimo della tua vita particolarmente drammatico.
Non c’è oggettività: se l’identikit è essere prigionieri della soggettività altrui, la foto segnaletica è l’essere prigionieri del proprio tormento e della propria umiliazione.
3.
Chissà dove sono finite le tante foto che mi fecero da ragazzo. Lì ero sempre sorridente. Fino ai 12 anni di età, io, Graham Young, intenerivo le vecchie signore e venivo coperto di complimenti. “Un cherubino biondo”, così mi chiamavano. Una delle meraviglie dell’angolo verde del Berkshire in cui ero cresciuto. Da parte mia, ero incuriosito da tutti. Pur senza avere malattie particolari, provavo difficoltà a muovere bene gli arti. Li sentivo estranei. Invece, chi avevo attorno sembrava avere sul corpo un dominio perfetto.
4.
Mi piaceva la gente. Proprio così. Come si muoveva, come agiva. Naturalmente, oggetto privilegiato della mia curiosità erano i miei familiari. Mi sentivo goffo, rispetto a loro. Ammiravo mio padre quando sedeva con disinvoltura in poltrona, le gambe accavallate e il giornale tra le mani. Ammiravo mia madre, mentre si muoveva con eleganza nella piccola cucina di casa nostra.
NON STARE SEMPRE IMPALATO A GUARDARMI, GRAHAM. GIOCA, FAI QUALCOSA.
5.
Soprattutto mi incantava la mia sorellina. Un batuffolo biondo, grazioso quanto me, ma molto più mobile. La pelle delle sue manine mi sembrava trasparente, e adoravo la motilità delle sue dita. Ci doveva essere un segreto dietro a tanta grazia. Non poteva trattarsi di un fattore meccanico. Quello lo possedevo anch’io. Doveva essere questione di fluidi, di composizione chimica.
6.
Lo constatavo soprattutto in Alex, il mio migliore amico. Agile, elastico, pronto al salto e alla corsa. Una sola volta lo vidi perdere la sua meravigliosa energia. Gli avevo fatto bere certa birra scadente, dimenticata in cantina. Fu la conferma che era la chimica a governare muscoli e nervi. Impadronirsi della chimica significava dominare il moto e la sua assenza.
STO MALE! NON RIESCO NEMMENO AD ALZARMI!

Valerio Evangelisti: Marte distruggerà la Terra



Ci hanno ingannati sistematicamente, per quasi un cinquantennio. Sono riusciti a sfuggire alle nostre ricerche, hanno eluso le ispezioni, hanno fornito immagini artefatte.» Il segretario alla Difesa Burke era tutto sudato mentre, al termine di un discorso di un’ora e mezzo corredato da riprese satellitari, fotografie e mappe, menava di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l’affondo decisivo. «Perché tanto accanimento nella menzogna? Perché una cortina fumogena così impressionante? Non c’è che una risposta logica. Non volevano farci sapere quale potenza avevano accumulato nelle loro grinfie. E a quale scopo?»
Il rappresentante della Russia guardò l’orologio. «Ce lo dica lei, signor Burke. Noi abbiamo pazientato abbastanza. Venga alle conclusioni.»
Burke trasse dal taschino un fazzoletto e se lo passò sul faccione nero. Oltre a essere affaticato, era incollerito dal palese scetticismo degli astanti. «Le conclusioni? Sono presto dette. Dobbiamo intervenire, e subito. Altrimenti Marte distruggerà la terra.»
Ci fu un lungo silenzio, mentre i consiglieri si guardavano increduli. Poi il rappresentante della Francia si alzò in piedi, afferrò il rapporto che aveva in mano e lo sbatté sul banco. «È pazzesco. Semplicemente pazzesco. Quell’uomo ci prende per idioti. Ma io ne ho abbastanza di questa farsa. Me ne vado.»
Burke fece una risatina sardonica, che però risentiva della fatica per la battaglia sostenuta. «Noto che il mio collega Rousselet non si convince nemmeno di fronte all’evidenza. Ha visto le foto e i filmati. Non riesco a capire perché metta in dubbio con tanta arroganza la buona fede degli Stati Uniti e la mia personale. Mi dia un buon motivo.»

Valerio Evangelisti: Cicci di Scandicci



Quando ero in vita mi hanno chiamato Cicci, Cicci di Scandicci. Ora, vorrei che provaste a guardare una mia fotografia, e poi a dirmi se potevo chiamarmi Cicci. Quello è un nome da finocchi. Io finocchio non lo sono mai stato. Mi piaceva la passera. Anche troppo, forse, ma in una maniera sana, schietta, popolare. Come si usa dalle mie parti, dove l’aria è buona e la vita è genuina. O almeno lo era, prima che arrivassero i cinghiali.
Io ero buono quanto l’aria che respiravo. Gran lavoratore, tutto il giorno sui campi, la sera in famiglia. Da noi la famiglia vuole ancora dire qualcosa. Abbiamo vissuto alla stessa maniera per secoli, nel nostro piccolo villaggio sulle colline (non era Scandicci, anche se era lì vicino). Si zappava la terra, si beveva un pochetto e si stava in armonia, con i nostri cari. E’ così che si diventa artisti. Perché noi si era tutti un po’ artisti. No, non ridete.
In città la famiglia finisce tra le mura di casa. Da noi, in campagna, tutto il paese è un po’ una famiglia. Si sa tutto di tutti. Non sempre ci si vuole bene, è vero, ma è perché ci si conosce troppo. Ci si somiglia. E allora si litiga come tra fratellini. Però poi si beve un bicchiere e si va a far merenda assieme. Non con tutti, certo. Con gli amici. Gli altri, se li frequenti troppo, ti fanno carognate. L’ideale è starsene in casa propria, con i tuoi, e uscire solo di tanto in tanto, per le merende.
E’ così che nascono gli artisti: stando tra la gente che conosci e godendoti il paesaggio da casa tua o dal tuo campo. La gente pensa che l’arte non sia per i contadini. Sono pregiudizi. Io coloravo i disegni che trovavo sui giornali. Inoltre impagliavo gli animali.
Impagliare è un’arte vera. Bisogna aprire la pancia alla bestiolina quel tanto che basta a fare uscire le budella, senza rovinare il pellame. Poi si pulisce il sangue, si infila la paglia e si ricuce. Non è mica facile.
Molti animaletti che tagliavo li rovinavo. Però i cinghiali no, quelli mi venivano bene. Sarà perché io i cinghiali li odio. Mi piaceva tagliarli. Li avrei tagliati vivi.

Valerio Evangelisti: Eymerich contro Palahniuk



L'intervista a Chuck Palahniuk apparsa nel numero di novembre di Tutto Musica era corredata da questo breve racconto. In esso, la creazione più nota di Valerio Evangelisti, l'inquisitore Nicolas Eymerich, sottopone a interrogatorio uno dei personaggi del romanzo di Palahniuk Ninna Nanna, la strega Mona. Purtroppo, molti riferimenti risulteranno oscuri a chi non abbia letto il romanzo.
L’inquisitore generale Nicolas Eymerich guardò con disprezzo la donna legata sul sedile triangolare destinato agli imputati. Scarmigliata, aveva sulla testa riccioli neri parzialmente tinti di rosso. Dal collo le pendevano sul petto, quasi scoperto, collanine, ciondoli e altro ciarpame. Sotto una scapola le si scorgeva il tatuaggio di tre stelline nere. Il dettaglio più disgustoso erano però i piedi, coperti di un lerciume antico e infilati in un paio di zoccoli.
Eymerich si rivolse al notaio, seduto accanto a padre Corona sotto il pesante crocifisso che costituiva l’unico arredo della sala. «Signor Berjavel, leggetemi l’atto d’accusa.»
L’ometto raccolse un foglio e incominciò: «L’anno 1367, avanti a noi, frate Nicolas Eymerich, inquisitore dell’errore eretico nel regno di Aragona, è comparsa la sedicente Mona Sabbat, nota anche come “Gelso”, nata in terra ignota da genitori ignoti, la quale…»
«Saltate le premesse. Venite al dunque» ordinò Eymerich, innervosito.
«Come volete, magister.» Berjavel prese un secondo foglio e continuò: «…le attività e l’esistenza stessa di detta Mona Sabbat sono dovute alla scoperta di un grimorio di forma e rilegatura inconsuete. Sulla prima pagina è indicato il nome dell’autore, tale Chuck Pahlaniuk. Subito sotto, il presumibile titolo del libro di magia, Ninna nanna, sovrasta il disegno di un uccello morto.»
«Saltate ancora.»
Il notaio passò a un terzo foglio. «E’ scritto nel libro che detta Mona Sabbat, con la complicità di tale Ostrica, si sarebbe dedicata a operazioni di magia. Che nella propria abitazione avrebbe officiato ignuda, con adepti ignudi, riti appartenenti a un culto presumibilmente derivato dai Celti e chiamato Wicca. Che avrebbe ignobilmente tentato, fino al funesto successo finale, di impadronirsi del testo di una cantilena capace di uccidere a distanza, sia per perfezionare le proprie arti diaboliche, sia per impadronirsi del mondo…»

Tales of Mystery and Imagination