Il primo ceffone la fa volare sulla poltrona con la stessa leggerezza di un foglio di giornale nel vento.
Si rannicchia su se stessa, le braccia a contenere le ginocchia contro il petto. Nella penombra della stanza lo guarda avanzare di alcuni passi, come un’onda lunga.
“Adesso mi ripeti dove lo hai incontrato e me lo ripeti con calma”. Henry le si para davanti, immenso e invalicabile, come le montagne d’inverno.
“Non ci pensare a scappare. Non ci pensare nemmeno o ti sbriciolo come un biscotto”.
“Va bene, Henry” sussurra Loraine e prende fiato dopo essersi passata la lingua sulle labbra gonfie. “La prima volta è stato due anni fa”. La sua voce assomiglia a un soffio di vento.
Henry la colpisce di nuovo con violenza.
Loraine si schiaccia contro lo schienale della poltrona. Non urla, non piange. Si raccoglie ancora di più su se stessa, un mucchietto di ossa vestito di chiffon nero nel nero della stanza.
“La prima volta è stato due anni fa” ripete, questa volta con tono deciso.
“Dove?”
“A quella festa di carnevale da Alain”.
Henry strizza gli occhi nello sforzo di ricordare.