"Scorrevole, scorrevole, qualcosa innanzitutto di scorrevole" pensava James. Naturalmente non immaginava che un autentico A.C. scuotesse desolatamente la testa, appollaiato alle sue spalle. Leo, si chiamava Leo il suo personal A.C.
James si grattò la fronte e impugnò la penna, per dare inizio al suo lavoro. Ma una larga macchia d'inchiostro, liquida, schiumosa e perfino con qualche microbollicina, una macchia uscita inesorabilmente dalla penna per via del colpo di polso un po' troppo nervoso, costrinse lo stesso James ad accartocciare il foglio prima ancora di avere scritto "cap".
— Cominciamo bene! — esclamò James, urtando con il gomito Leo, che dopo tanti anni non si era ancora abituato alle improvvise goffaggini del suo protetto.
Trentacinque anni. "Trentacinque anni di gomitate nelle parti genitali", pensò Leo con forbitezza. E benché lui stesso non sapesse dire a che sesso appartenesse, quel gomito piantato lì, poco sotto il ventre, gli procurava sempre un certo prurito, anche dopo trentacinque anni.
Ma James, poverino, non ne sapeva nulla. Puoi ragionevolmente immaginare che qualcuno ti segua dappertutto, sempre, da quando esci da tua madre fino a quando non ti chiudono il coperchio della bara sulla faccia? No, è ovvio. Ci sono situazioni in cui non è decettabile l'idea che qualcun altro sia presente. Quando fai i tuoi bisogni, per esempio. Oppure mentre fai l'amore. Oppure... No, meglio non pensarci. Fantasie, stupide fantasie.