Benché io apprezzi l’eleganza nel vestire, non bado, di solito, alla perfezione o meno con cui sono tagliati gli abiti dei miei simili. Una sera tuttavia, durante un ricevimento in una casa di Milano conobbi un uomo, dall’apparente età di quarant’anni, il quale letteralmente risplendeva per la bellezza, definitiva e pura, del vestito. Non so chi fosse, lo incontravo per la prima volta, e alla presentazione, come succede sempre, capire il suo nome fu impossibile. Ma a un certo punto della sera mi trovai vicino a lui, e si cominciò a discorrere. Sembrava un uomo garbato e civile, tuttavia con un alone di tristezza. Forse con esagerata confidenza – Dio me ne avesse distolto – gli feci i complimenti per la sua eleganza; e osai perfino chiedergli chi fosse il suo sarto. L’uomo ebbe un sorrisetto curioso, quasi che si fosse aspettato la domanda.
«Quasi nessuno lo conosce» disse «però è un gran maestro. E lavora solo quando gli gira. Per pochi iniziati.»
«Dimodoché io… ?»
«Oh, provi, provi. Si chiama Corticella, Alfonso Corticella, via Ferrara 17.»
«Sarà caro, immagino.»
«Lo presumo, ma giuro che non lo so. Quest’abito me l’ha fatto da tre anni e il conto non me l’ha ancora mandato.»
«Corticella? Via Ferrara 17, ha detto?»
«Esattamente» rispose lo sconosciuto. E mi lasciò per unirsi ad un altro gruppo.In via Ferrara 17 trovai una casa come tante altre e come quella di tanti altri sarti era l’abitazione di Alfonso Corticella. Fu lui che venne ad aprirmi. Era un vecchietto, coi capelli neri, però sicuramente tinti.