Per sessanta secondi ferme e tese le nere lancette
degli orologi elettrici della città con un salto da insetto tutte insieme si
scagliano sul minuto successivo. Hop! I quadrati occhi degli orologi a cifre
scorrevoli abbassano di scatto una palpebra con su scritto un altro numero.
Hop! Puntuale e improvviso come un colpo di singhiozzo s'accende il verde del
semaforo e dozzine di suole schiacciano gli acceleratori. Hop! Approdano alla
riva dei salvagenti le frenate dei tram e il gradino della portiera batte
tante metalliche nasate quanti piedi di passeggeri gli piovono addosso. Hop!
Hop! Hop!
Roteano le porte girevoli delle banche e nell'acquario
dei vetri naviga via un'infinita giostra di pesci col cappello e il cappotto;
passa un esercito di tazzine sotto i becchi fumanti delle macchine espresso,
sfila sugli spalti lucidi del banco, annega ancora intriso di oscuri resti di
zucchero nell'acquaio; e le auto adesso puntano i musi verso il prossimo
semaforo e quello dopo e quello dopo ancora permutanti l'uno dopo l'altro il
loro rosso in verde fino all'ultimo là in fondo che mai nessuno potrà raggiungere
prima che il rosso riaccendendosi non abbia propagato un premere di freni lungo
tutta la colonna. Il sole taglia a fette le vie, giostra il pulviscolo
nell'aria. Scende dall'auto la signora Paulatim, davanti alla Farmaceutica
Paulatim S. A.
Il berretto a visiera
dell'autista è salito più in alto del tetto della macchina. - Devo attendere,
signora Paulatim?
- Sì Attilio, grazie Attilio.
Sui vetri della porta d'entrata il riflesso del
marciapiede di fronte s'inclina fino a far posto al riflesso dell'edicola e
del distributore di benzina. Le suole sotto il tavolo dell'usciere da quasi
verticali s'abbassano appiattendosi sul pavimento. - Buongiorno, signora
Paulatim.
- Buongiorno, Costanzo.
Un fattorino si slancia ad aprirle la porta a vetri
dello scalone, - Buongiorno, signora Paulatim, - ma lei, -Buongiorno, - spinge
la porticina a molla che dà nel cortile. Si tende la molla come un arco, e
proietta la signora Paulatim nella luce e nel rumore. Come al solito, evitando
le sale d'attesa, i saloni, i locali della direzione vellutati di tappeti e
oscuro-lucidi di mogani e maioliche, vuole attraversare l'azienda in attività.
Verso un camion avanzano delle casse, a mezz'aria,
sopra a gambe un po' curve, in vecchi pantaloni, procedono a piccoli passi
veloci, quasi di corsa. Dal retro del camion buio e rimbombante di voci
sporgono grosse braccia nude.
-
Buongiorno, signora Paulatim!
-
Buongiorno.
Le casse si piegano quasi in un inchino che è anche un
assestarsi sopra le malcerte gambe che continuano la loro piccola corsa.
giorno, ...gnora Paulatim.
- Buongiorno.
Le vetrate del magazzino frantumano la luce e vibrano
al frastuono delle martellate. Le capocchie dei chiodi, i polpastrelli e i
martelli si rincorrono in volo sull'orlo delle casse.
- Pam! Pam! Pam! Buongiorno... Pam! Signo... Pam!
latim... Pam!
- Buongiorno.
I pacchi arrivano alle
casse del reparto imballaggio volandò con una serie di piccole parabole ognuna
delle quali finisce e ricomincia nella presa di due mani che afferrano a
tenaglia e rilanciano come catapulte.
- Hop! Buongiorno, signora Paulatim! Hop! Buongiorno,
signora! Hop!
- Buongiorno, buongiorno.
Sui tavoli del reparto
imballaggio, al centro d'ogni foglio di carta crescono cataste di mani di
donna e di tubetti negli astucci di cartone finché le mani non si tolgono e
restano solo delle pile di tubetti perfettamente cubiche che subito spariscono
in un involto di mani di donna e lembi di carta alzati e piegati e marchi di
fabbrica «Compresse Paulatim».
- Buongiorno, signora Paulatim! Buongiorno,
signora Paulatim!
- Buongiorno!
I berretti bianchi sono
chini sul nastro dove avanzano i tubetti confezionati nell'astuccio, i tubetti
da confezionare, i tubetti da chiudere, i tubetti da ovattare, i tubetti da
riempire di dodici compresse, i tubetti da incollarci sopra l'etichetta
«Paulatim»: le operaie sono dritte e ferme da una parte e dall'altra, tranne
una sorvegliante ogni squadra che si muove intorno e solo quella dice per
tutte:
-
Buongiorno, signora Paulatim.
-
Buongiorno.
Delle autoclavi
immobili come elefanti sottoposti a uno sforzo tutto interiore solo le lancette
oscillano come pesci rossi nell'ampolla di vetro dei manometri. La stampatrice
picchia e rimbalza sulla pasta che scorre fin lì liscia e uniforme e continua
poi tutta stampata a circoletti fino al termine della macchina dove cascano
tutte le compresse. Il minuto polverio viene aspirato ma pur sempre se ne spande
in aria una nube irrespirabile ancorché dotata di tutte le proprietà
medicinali delle compresse.
-
Auch! Auch! Buongiorno, signora... Auch! ... Paulatim!
-
Buong... hhh...
L'ascensore del personale salendo trova come aria di
montagna.
-
S'accomodi, signora Paulatim.
-
Grazie.
I fogli si srotolano costellati di numeri sotto
l'arpeggio morbido delle calcolatrici, - Buongiorno, signora Paulatim,
buongiorno, signora Paulatim, - Buongiorno, - e neri di righe compatte sotto il
mitragliamento delle macchine da scrivere, - Buongiorno, signora Paulatim!
Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno!
Dietro la porta «Segreteria privata del Comm. Paulatim»
sventola sulla macchina da scrivere abbandonata una lettera incompiuta come una
bandiera bianca.
H «Si prega di farsi annunciare» ruota di novanta gradi
e la signora Paulatim vede il marito abbracciato alla segretaria.
-
Ah! Porco!
-
Ma no! Ottavia! Aspetta! Io...
La porta sbatte: il «Si prega di farsi annunciare» cade
giù dal chiodo.
II tambureggiare delle macchine da scrivere e
delle
calcolatrici continua come una fitta siepe non attraversa-
bile da alcun altro rumore.
- Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
L'ascensore sprofonda nel suo pozzo. - Già di ritorno, signora Paulatim? -
Buongiorno.
La stampatrice instancabile martella compresse e colpi
di tosse. -Auch... Buongiorno, signora Paulatim... auch...
I tubetti corrono orizzontali, verticali, orizzontali,
verticali. - Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
La carta dei pacchi si contorce con secco crepitio.
-Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
Volano i pacchi a
parabola nell'aria. - Hop! Hop! Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
Le martellate bombardano i chiodi. - Pam! Pam!
Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
Trotterellano le casse verso il camion. - Buongiorno,
signora Paulatim. - Buongiorno.
Le suole dell'usciere
nello scatto non ritrovano l'orizzontalità e hanno un repentino beccheggio, -
Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
Già s'apre la portiera della macchina. - Pronti, signora
Paulatim.
- A casa, presto!
I semafori verdi e
rossi e verdi e rossi e i frammenti senza senso delle immagini ferme e in
movimento, tutto perde e riprende forma a seconda del crescere e del calare
d'ogni perla di lacrima di rabbia, e così la via corre tra fette di luce e
d'ombra, e finalmente il cancello di «Villa Ottavia» s'apre al terzo suono di
clacson.
-
Buongiorno, signora Paulatim.
-
Buongiorno.
Sul prato la pompa da innaffiare irrora l'erba. - Buongiorno,
signora Paulatim. - Buongiorno.
I rastrelli sulla ghiaia del viale fanno largo alle
ruote. -Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
Giù dal terrazzo sui tappeti galoppano i battipanni.
-Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
L'ombra dell'atrio è striata come la giubba rossa e
bianca del cameriere. - Buongiorno, signora Paulatim. -Buongiorno.
Tintinnano i bicchieri sulla tavola che le cameriere
stanno apparecchiando. - Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
Sul marmo delle scale lo straccio della donna di fatica
stende e cancella l'arcobaleno. - Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
In camera, il letto matrimoniale ordinato, ricoperto
dall'intatta trapunta, è già la pace.
Dall'altra stanza vengono i solfeggi del pianorone. u
l'ora della lezione di musica del piccolo Gianfranco. I solfeggi del
pianoforte.
S'interrompono a un tratto. Il giovane pallido professore
di pianoforte s'alza di scatto dallo sgabello: - Oh, buongiorno, signora
Paulatim.
-
Ciao mamma.
-
Va' a giocare in giardino, Gianfranco.
-
Evviva. Arrivederla, professore!
- Eh, signora Paulatim... Ripassavamo gli
esercizi, signora Paulatim... - Un ingiustificato rossore avvampa le magre
guance del professore e un tasto battuto con timidezza nervosa fa tlin, tlin. - Eh, fa progress... Come
dice? Eh, signora, Dio, signora... Perché mi guar... Come po... - Il tasto ha
smesso di suonare. - Signora Paulatim!... Io... Io... Signora! - Una pesante
pressione fa blon- blon-blon su un intero gruppo di tasti. - Signora
Paulatim! Ottavia! Io...
Intanto le calcolatrici continuano a battere sessanta
numeri al minuto, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, - le
stampatrici a tagliare millesette-cento compresse all'ora, - Buongiorno,
commendator Paulatim, - Buongiorno, - trecentocinquanta pacchi di tubetti
all'ora a essere imballati, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno,
- i pacchi a volare fino alla falegnameria, - Hop! Buongiorno, commendator Paulatim!
- Buongiorno, - i coperchi a esser chiusi a martellate, - Pam! Pam! Pam! Pam!
- Buongiorno, - le casse a riempire i camion, - Buongiorno, commendator Paulatim.
-
La mia macchina presto.
-
Dove ordina, commendator Paulatim?
della pompa ta splendere il verae uei praiu, - uuungiui-no, commendator
Paulatim, - Buongiorno, - i battipanni alzano nuvole dai tappeti, - Buongiorno,
commendator Paulatim, - Buongiorno, - la tavola è già apparecchiata, -
Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, -sulla scala la segatura
asciuga il marmo, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno.
Il cassetto del comodino della signora è aperto. Non si
vede la piccola rivoltella col manico d'avorio. Nel cassetto dell'altro
comodino c'è la grossa Mauser. La grossa Mauser entra nella tasca della giacca.
Esce dalla tasca della giacca. Torna nel cassetto. Torna nella tasca. Dall'altra
stanza non giunge il suono del pianoforte sebbene sia l'ora della lezione del
piccolo Gianfranco. Giunge un confuso bisbiglio. Un confuso bisbiglio.
-
Ah! Ottavia! Tu! Come puoi!
Le braccia del
professore improvvisamente staccate dalla loro stretta urtano coi gomiti contro
la tastiera. Blum.
Lo spostamento d'aria
della porta sbattuta fa volare gli spartiti del leggio per tutta la stanza.
Fuori danno ancora col
battipanni sui tappeti, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, - i
rastrelli hanno già cancellato l'orma dei pneumatici, -Buongiorno, commendator
Paulatim, - Buongiorno, - il prato è mezzo allagato a furia d'innaffiarlo, -
Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno.
Nell'angolo più appartato del giardino c'è una grande
voliera ad aria condizionata piena d'uccelli tropicali. Colibrì dalle code
cangianti, fagiani azzurri, pernici africane screziate si svegliano dal loro
torpore con un discreto allungar di colli,
spiegano le loro ali penna a penna e si mettono a lanciare gorgheggi, trilli e
pigolìi.
La polvere sollevata dai battipanni torna a posarsi sui
tappeti, - Buongiorno, signora Paulatim, - Buongiorno, - i rastrelli vengono
chiusi nella capanna degli attrezzi, -Buongiorno, signora Paulatim, -
Buongiorno, - la pompa s'arrotola come un serpente in letargo, - Buongiorno,
signora Paulatim, - Buongiorno -. Nell'angolo più appartato del giardino c'è
la voliera con la collezione d'uccelli di paesi tropicali. I tucani
dall'enorme becco arancione e gli uccelli-lira dalle impalpabili code sbattono
le ali e gridano per la sorpresa: non ricevono mai visite a quell'ora.
Intanto ancora la stampatrice continua a dividere compresse,
i pacchi col marchio «Paulatim» a riempire le casse, le casse a stiparsi nei
camion.
D. commendator Paulatim
si avvicina la bocca della grossa Mauser alla tempia, attraversata dalla
stanghetta di plastica degli occhiali. Adesso gli uccelli del paradiso, i
cacatoa, gli uccelli mosca sono tutti in silenzio.
La signora Paulatim estrae dalla borsetta la piccola rivoltella
d'avorio.
-
Corrado, se t'ammazzi io t'ammazzo.
La mano del commendator Paulatim che impugna la grossa
Mauser ricade lentamente lungo la costura dei pantaloni.
Le lancette dei manometri continuano i loro guizzi, 1
macchine da scrivere battono «A riscontro della Vs. pre giata», i tappeti
vengono ritirati dai terrazzi, i pacchi vo lano «hop! hop!», la giacca bianca
viene sostituita quella a righe bianche e rosse.
La signora Paulatim si
punta la bocca della piccola ri voltella d'avorio sulla tempia ornata di
un'onda color ra me. Zittiscono i mocking-birds e gli upupa.
S'alza la bocca della
grossa Mauser in mano al commendator Paulatim. - Ottavia, se t'ammazzi io t'ammazzo.
La rivoltella d'avorio
ricade lentamente lungo le falde della pelliccia.
Il piccolo Gianfranco e
la figlia del giardiniere giocano al pallone. Il pallone rotola fin sotto la
voliera.
-
Ah, guarda lì il papà e la mamma!
-
Cosa fanno?
-
Un duello! Fanno un duello!
-
Ora sparano? Di', ora sparano?
-
No, s'avvicinano troppo... Le due rivoltelle cadono
sulla ghiaia.
-
Perché s'abbracciano? Perché vanno via?
-
Prendiamo le pistole!
-
Dai.
-
A cosa giochiamo?
-
A cosa?
-
Alla criminalità infantile!
-
Dai.
Gli uccelli sbattono le
ali color indaco e smeraldo contro i vetri della voliera ad aria condizionata
ed emettono a gola spiegata i loro versi. I due ragazzi stanno puntando contro
di loro le bocche delle rivoltelle e le agitano in una danza pellirossa.
- Marzo aprile, la criminalità infantile; maggio
giugno, con la pistola in pugno!
-
Il tiro a volo! Facciamo il tiro a volo!
- Dai.
Gianfranco apre le
vetrate della voliera. Gli uccelli stanno un momento fermi, senza capire. -
Sciò! Sciò! -Vola fuori lo stormo multicolore dei fagiani argentati, dei ralli
acquatici, dei pappagallini azzurri. Sale in cielo, compatto. I ragazzi premono
i grilletti, sparano. Lo stormo s'allarga un poco nell'aria, ma nessun uccello
cade, solo qualche penna rossa, verde o screziata cala giù ondeggiando. I
ragazzi sparano, sparano tutto il caricatore, ma lo stormo è ormai lontano.
Suonano le sirene del
mezzogiorno. Dall'uscita del personale della «Farmaceutica Paulatim S. A.»
sfocia
una folla di biciclette, di motocicli, di motorette,
ingombra la via, prende a correre addensata in uno stormo largo e compatto.
Lo stormo degli uccelli volando a zig-zag per il cielo viene a trovarsi proprio
lì sopra e adesso i raggi delle ruote delle biciclette a motore e le penne cangianti
delle ali si muovono alla stessa andatura e così vanno insieme: gli operai
grigi e neri e sopra le loro teste questa nuvola d'uccelli d'ogni colore, ed è
come la nuvola d'un canto senza parole e senza musica che esca dalle loro
bocche, un canto che essi non sanno di cantare.
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