Tales of Mystery and Imagination

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Italo Calvino: La signora Paulatim



Per sessanta secondi ferme e tese le nere lancette degli orologi elettrici della città con un salto da insetto tutte insieme si scagliano sul minuto successivo. Hop! I qua­drati occhi degli orologi a cifre scorrevoli abbassano di scatto una palpebra con su scritto un altro numero. Hop! Puntuale e improvviso come un colpo di singhioz­zo s'accende il verde del semaforo e dozzine di suole schiacciano gli acceleratori. Hop! Approdano alla riva dei salvagenti le frenate dei tram e il gradino della por­tiera batte tante metalliche nasate quanti piedi di pas­seggeri gli piovono addosso. Hop! Hop! Hop!
Roteano le porte girevoli delle banche e nell'acquario dei vetri naviga via un'infinita giostra di pesci col cap­pello e il cappotto; passa un esercito di tazzine sotto i becchi fumanti delle macchine espresso, sfila sugli spalti lucidi del banco, annega ancora intriso di oscuri resti di zucchero nell'acquaio; e le auto adesso puntano i musi verso il prossimo semaforo e quello dopo e quello dopo ancora permutanti l'uno dopo l'altro il loro rosso in ver­de fino all'ultimo là in fondo che mai nessuno potrà rag­giungere prima che il rosso riaccendendosi non abbia propagato un premere di freni lungo tutta la colonna. Il sole taglia a fette le vie, giostra il pulviscolo nell'aria. Scende dall'auto la signora Paulatim, davanti alla Far­maceutica Paulatim S. A.


Il berretto a visiera dell'autista è salito più in alto del tetto della macchina. - Devo attendere, signora Paulatim?
-   Sì Attilio, grazie Attilio.
Sui vetri della porta d'entrata il riflesso del marciapie­de di fronte s'inclina fino a far posto al riflesso dell'edi­cola e del distributore di benzina. Le suole sotto il tavolo dell'usciere da quasi verticali s'abbassano appiattendosi sul pavimento. - Buongiorno, signora Paulatim.
-   Buongiorno, Costanzo.
Un fattorino si slancia ad aprirle la porta a vetri dello scalone, - Buongiorno, signora Paulatim, - ma lei, -Buongiorno, - spinge la porticina a molla che dà nel cor­tile. Si tende la molla come un arco, e proietta la signora Paulatim nella luce e nel rumore. Come al solito, evitan­do le sale d'attesa, i saloni, i locali della direzione vellu­tati di tappeti e oscuro-lucidi di mogani e maioliche, vuole attraversare l'azienda in attività.
Verso un camion avanzano delle casse, a mezz'aria, sopra a gambe un po' curve, in vecchi pantaloni, proce­dono a piccoli passi veloci, quasi di corsa. Dal retro del camion buio e rimbombante di voci sporgono grosse braccia nude.
-    Buongiorno, signora Paulatim!
-    Buongiorno.
Le casse si piegano quasi in un inchino che è anche un assestarsi sopra le malcerte gambe che continuano la loro piccola corsa.
giorno, ...gnora Paulatim.
-  Buongiorno.
Le vetrate del magazzino frantumano la luce e vibrano al frastuono delle martellate. Le capocchie dei chiodi, i polpastrelli e i martelli si rincorrono in volo sull'orlo del­le casse.
-  Pam! Pam! Pam! Buongiorno... Pam! Signo... Pam! latim... Pam!
-  Buongiorno.
I pacchi arrivano alle casse del reparto imballaggio vo­landò con una serie di piccole parabole ognuna delle quali finisce e ricomincia nella presa di due mani che af­ferrano a tenaglia e rilanciano come catapulte.
-  Hop! Buongiorno, signora Paulatim! Hop! Buon­giorno, signora! Hop!
-  Buongiorno, buongiorno.

Sui tavoli del reparto imballaggio, al centro d'ogni fo­glio di carta crescono cataste di mani di donna e di tu­betti negli astucci di cartone finché le mani non si tolgo­no e restano solo delle pile di tubetti perfettamente cubi­che che subito spariscono in un involto di mani di don­na e lembi di carta alzati e piegati e marchi di fabbrica «Compresse Paulatim».
-  Buongiorno, signora Paulatim! Buongiorno, signora Paulatim!
-  Buongiorno!
I berretti bianchi sono chini sul nastro dove avanzano i tubetti confezionati nell'astuccio, i tubetti da confezio­nare, i tubetti da chiudere, i tubetti da ovattare, i tubetti da riempire di dodici compresse, i tubetti da incollarci sopra l'etichetta «Paulatim»: le operaie sono dritte e fer­me da una parte e dall'altra, tranne una sorvegliante ogni squadra che si muove intorno e solo quella dice per tutte:
-    Buongiorno, signora Paulatim.
-    Buongiorno.
Delle autoclavi immobili come elefanti sottoposti a uno sforzo tutto interiore solo le lancette oscillano come pesci rossi nell'ampolla di vetro dei manometri. La stampatrice picchia e rimbalza sulla pasta che scorre fin lì liscia e uniforme e continua poi tutta stampata a circo­letti fino al termine della macchina dove cascano tutte le compresse. Il minuto polverio viene aspirato ma pur sempre se ne spande in aria una nube irrespirabile an­corché dotata di tutte le proprietà medicinali delle com­presse.
-    Auch! Auch! Buongiorno, signora... Auch! ... Pau­latim!
-    Buong... hhh...
L'ascensore del personale salendo trova come aria di montagna.
-    S'accomodi, signora Paulatim.
-    Grazie.
I fogli si srotolano costellati di numeri sotto l'arpeggio morbido delle calcolatrici, - Buongiorno, signora Paula­tim, buongiorno, signora Paulatim, - Buongiorno, - e neri di righe compatte sotto il mitragliamento delle mac­chine da scrivere, - Buongiorno, signora Paulatim! Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno!
Dietro la porta «Segreteria privata del Comm. Paula­tim» sventola sulla macchina da scrivere abbandonata una lettera incompiuta come una bandiera bianca.
H «Si prega di farsi annunciare» ruota di novanta gra­di e la signora Paulatim vede il marito abbracciato alla segretaria.
-    Ah! Porco!
-    Ma no! Ottavia! Aspetta! Io...
La porta sbatte: il «Si prega di farsi annunciare» cade giù dal chiodo.

II  tambureggiare delle macchine da scrivere e delle

calcolatrici continua come una fitta siepe non attraversa-
bile da alcun altro rumore.
-       Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno. L'ascensore sprofonda nel suo pozzo. - Già di ritor­no, signora Paulatim? - Buongiorno.
La stampatrice instancabile martella compresse e colpi di tosse. -Auch... Buongiorno, signora Paulatim... auch...
I tubetti corrono orizzontali, verticali, orizzontali, ver­ticali. - Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
La carta dei pacchi si contorce con secco crepitio. -Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
Volano i pacchi a parabola nell'aria. - Hop! Hop! Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
Le martellate bombardano i chiodi. - Pam! Pam! Buongiorno, signora Paulatim! - Buongiorno.
Trotterellano le casse verso il camion. - Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
Le suole dell'usciere nello scatto non ritrovano l'oriz­zontalità e hanno un repentino beccheggio, - Buongior­no, signora Paulatim. - Buongiorno.
Già s'apre la portiera della macchina. - Pronti, signo­ra Paulatim.
-   A casa, presto!
I semafori verdi e rossi e verdi e rossi e i frammenti senza senso delle immagini ferme e in movimento, tutto perde e riprende forma a seconda del crescere e del cala­re d'ogni perla di lacrima di rabbia, e così la via corre tra fette di luce e d'ombra, e finalmente il cancello di «Villa Ottavia» s'apre al terzo suono di clacson.
-    Buongiorno, signora Paulatim.
-    Buongiorno.
Sul prato la pompa da innaffiare irrora l'erba. - Buon­giorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
I rastrelli sulla ghiaia del viale fanno largo alle ruote. -Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
Giù dal terrazzo sui tappeti galoppano i battipanni. -Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
L'ombra dell'atrio è striata come la giubba rossa e bianca del cameriere. - Buongiorno, signora Paulatim. -Buongiorno.
Tintinnano i bicchieri sulla tavola che le cameriere stanno apparecchiando. - Buongiorno, signora Paula­tim. - Buongiorno.
Sul marmo delle scale lo straccio della donna di fatica stende e cancella l'arcobaleno. - Buongiorno, signora Paulatim. - Buongiorno.
In camera, il letto matrimoniale ordinato, ricoperto dall'intatta trapunta, è già la pace.

Dall'altra stanza vengono i solfeggi del pianorone. u l'ora della lezione di musica del piccolo Gianfranco. I solfeggi del pianoforte.
S'interrompono a un tratto. Il giovane pallido profes­sore di pianoforte s'alza di scatto dallo sgabello: - Oh, buongiorno, signora Paulatim.
-    Ciao mamma.
-    Va' a giocare in giardino, Gianfranco.
-    Evviva. Arrivederla, professore!
-  Eh, signora Paulatim... Ripassavamo gli esercizi, si­gnora Paulatim... - Un ingiustificato rossore avvampa le magre guance del professore e un tasto battuto con timi­dezza nervosa fa tlin, tlin. - Eh, fa progress... Come di­ce? Eh, signora, Dio, signora... Perché mi guar... Come po... - Il tasto ha smesso di suonare. - Signora Paula­tim!... Io... Io... Signora! - Una pesante pressione fa blon- blon-blon su un intero gruppo di tasti. - Signora Paulatim! Ottavia! Io...
Intanto le calcolatrici continuano a battere sessanta numeri al minuto, - Buongiorno, commendator Paula­tim, - Buongiorno, - le stampatrici a tagliare millesette-cento compresse all'ora, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, - trecentocinquanta pacchi di tubetti all'ora a essere imballati, - Buongiorno, commen­dator Paulatim, - Buongiorno, - i pacchi a volare fino al­la falegnameria, - Hop! Buongiorno, commendator Pau­latim! - Buongiorno, - i coperchi a esser chiusi a martel­late, - Pam! Pam! Pam! Pam! - Buongiorno, - le casse a riempire i camion, - Buongiorno, commendator Pau­latim.
-    La mia macchina presto.
-    Dove ordina, commendator Paulatim?
della pompa ta splendere il verae uei praiu, - uuungiui-no, commendator Paulatim, - Buongiorno, - i battipanni alzano nuvole dai tappeti, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, - la tavola è già apparecchiata, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, -sulla scala la segatura asciuga il marmo, - Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno.
Il cassetto del comodino della signora è aperto. Non si vede la piccola rivoltella col manico d'avorio. Nel casset­to dell'altro comodino c'è la grossa Mauser. La grossa Mauser entra nella tasca della giacca. Esce dalla tasca della giacca. Torna nel cassetto. Torna nella tasca. Dal­l'altra stanza non giunge il suono del pianoforte sebbe­ne sia l'ora della lezione del piccolo Gianfranco. Giunge un confuso bisbiglio. Un confuso bisbiglio.
- Ah! Ottavia! Tu! Come puoi!
Le braccia del professore improvvisamente staccate dalla loro stretta urtano coi gomiti contro la tastiera. Blum.
Lo spostamento d'aria della porta sbattuta fa volare gli spartiti del leggio per tutta la stanza.
Fuori danno ancora col battipanni sui tappeti, - Buon­giorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, - i ra­strelli hanno già cancellato l'orma dei pneumatici, -Buongiorno, commendator Paulatim, - Buongiorno, - il prato è mezzo allagato a furia d'innaffiarlo, - Buongior­no, commendator Paulatim, - Buongiorno.
Nell'angolo più appartato del giardino c'è una grande voliera ad aria condizionata piena d'uccelli tropicali. Co­librì dalle code cangianti, fagiani azzurri, pernici africa­ne screziate si svegliano dal loro torpore con un discreto allungar di colli, spiegano le loro ali penna a penna e si mettono a lanciare gorgheggi, trilli e pigolìi.
La polvere sollevata dai battipanni torna a posarsi sui tappeti, - Buongiorno, signora Paulatim, - Buongiorno, - i rastrelli vengono chiusi nella capanna degli attrezzi, -Buongiorno, signora Paulatim, - Buongiorno, - la pom­pa s'arrotola come un serpente in letargo, - Buongiorno, signora Paulatim, - Buongiorno -. Nell'angolo più ap­partato del giardino c'è la voliera con la collezione d'uc­celli di paesi tropicali. I tucani dall'enorme becco aran­cione e gli uccelli-lira dalle impalpabili code sbattono le ali e gridano per la sorpresa: non ricevono mai visite a quell'ora.
Intanto ancora la stampatrice continua a dividere com­presse, i pacchi col marchio «Paulatim» a riempire le casse, le casse a stiparsi nei camion.
D. commendator Paulatim si avvicina la bocca della grossa Mauser alla tempia, attraversata dalla stanghetta di plastica degli occhiali. Adesso gli uccelli del paradiso, i cacatoa, gli uccelli mosca sono tutti in silenzio.
La signora Paulatim estrae dalla borsetta la piccola ri­voltella d'avorio.
- Corrado, se t'ammazzi io t'ammazzo.
La mano del commendator Paulatim che impugna la grossa Mauser ricade lentamente lungo la costura dei pantaloni.
Le lancette dei manometri continuano i loro guizzi, 1 macchine da scrivere battono «A riscontro della Vs. pre giata», i tappeti vengono ritirati dai terrazzi, i pacchi vo lano «hop! hop!», la giacca bianca viene sostituita quella a righe bianche e rosse.
La signora Paulatim si punta la bocca della piccola ri voltella d'avorio sulla tempia ornata di un'onda color ra me. Zittiscono i mocking-birds e gli upupa.
S'alza la bocca della grossa Mauser in mano al com­mendator Paulatim. - Ottavia, se t'ammazzi io t'am­mazzo.
La rivoltella d'avorio ricade lentamente lungo le falde della pelliccia.
Il piccolo Gianfranco e la figlia del giardiniere giocano al pallone. Il pallone rotola fin sotto la voliera.
-    Ah, guarda lì il papà e la mamma!
-    Cosa fanno?
-    Un duello! Fanno un duello!
-    Ora sparano? Di', ora sparano?
-    No, s'avvicinano troppo... Le due rivoltelle cadono sulla ghiaia.
-    Perché s'abbracciano? Perché vanno via?
-    Prendiamo le pistole!
-    Dai.
-    A cosa giochiamo?
-    A cosa?
-    Alla criminalità infantile!
-    Dai.
Gli uccelli sbattono le ali color indaco e smeraldo con­tro i vetri della voliera ad aria condizionata ed emettono a gola spiegata i loro versi. I due ragazzi stanno puntan­do contro di loro le bocche delle rivoltelle e le agitano in una danza pellirossa.
-  Marzo aprile, la criminalità infantile; maggio giu­gno, con la pistola in pugno!
-    Il tiro a volo! Facciamo il tiro a volo!
-    Dai.
Gianfranco apre le vetrate della voliera. Gli uccelli stanno un momento fermi, senza capire. - Sciò! Sciò! -Vola fuori lo stormo multicolore dei fagiani argentati, dei ralli acquatici, dei pappagallini azzurri. Sale in cielo, compatto. I ragazzi premono i grilletti, sparano. Lo stor­mo s'allarga un poco nell'aria, ma nessun uccello cade, solo qualche penna rossa, verde o screziata cala giù on­deggiando. I ragazzi sparano, sparano tutto il caricatore, ma lo stormo è ormai lontano.
Suonano le sirene del mezzogiorno. Dall'uscita del personale della «Farmaceutica Paulatim S. A.» sfocia
una folla di biciclette, di motocicli, di motorette, ingom­bra la via, prende a correre addensata in uno stormo lar­go e compatto. Lo stormo degli uccelli volando a zig-zag per il cielo viene a trovarsi proprio lì sopra e adesso i raggi delle ruote delle biciclette a motore e le penne can­gianti delle ali si muovono alla stessa andatura e così vanno insieme: gli operai grigi e neri e sopra le loro te­ste questa nuvola d'uccelli d'ogni colore, ed è come la nuvola d'un canto senza parole e senza musica che esca dalle loro bocche, un canto che essi non sanno di can­tare.

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