Dario Voltolini: Luci




Nel laboratorio di genetica al terzo piano della Clinica universitaria le luci sono spente. Le finestre danno sul parco. La luna rende nitide le sagome degli alberi con­tro il cielo notturno. Al lato opposto dell'edificio, sullo stesso piano del laboratorio in fondo a un lungo corri­doio, il reparto di rianimazione occupa due ampie sale e tre locali più piccoli connessi. Le luci sono accese. Dall'autostrada che passa oltre il fiume si possono ve­dere in controluce medici e infermieri muoversi, le loro ombre sulle finestre smerigliate e sigillate. Sulla porta d'ingresso del laboratorio di genetica c'è una targhetta con quattro nomi: G. Saliceti, A. Vasari, A. Thompson e S. Pizzi. La porta della rianimazione è una doppia ve­trata, senza etichette. All'interno, nella seconda sala grande, su di un letto, privo di conoscenza, Andrea Va­sari muove solo il torace, per respirare. I tracciati della sua attività cerebrale scorrono su di un monitor. L'atti­vità è intensa.
    Sogna — deduce un'infermiera, mentre inietta un liquido nella soluzione fisiologica che pende dal tre­spolo accanto al letto.
    Però non dorme — commenta Jean-Luc Volatier, anestesiologo, rivolgendosi a Sergio Pizzi.
    E come lo chiamiamo, se non sonno? — doman­da Pizzi con un tono sprezzante.
—    Chiamalo come vuoi. Ti ricordo però che dal son-
ci si sveglia, mentre qui abbiamo provato ogni tipo di stimolo e non è successo niente. Intendo dire: niente di evidente nei tracciati. Tu che sei intelligente, cosa ne pensi?
—  Oh, io sono solo un genetista...


   L'attività cerebrale è intensa, ma non correlata con stimoli esterni. Gli abbiamo sparato un flash dritto nulle palpebre: niente. Elettrostimolazioni: niente. Un gong a un dito dal timpano: niente. Però guarda — di­ce facendo un cenno verso il monitor— va a mille, no?
   Io vedo un uomo che respira e forse sogna. Chia­mo questo: dormire. Forse ne hai bisogno anche tu.
   Fermo lì, bello mio. Non puoi minimizzare le co­se, non puoi. Questo è un caso completamente anoma­lo. L'attività cerebrale...
   Smettila con queste storie! L'attività cerebrale di Andrea! Bisognava vedere i tracciati per crederci. Davvero, questa mi sembra la vera novità.
—  Non mi piaci. Non mi sei mai piaciuto. Parli così i un amico e...
—  Collega, prego.
—     ...che se ne sta immobile... Sei un verme, dottor izzi — dice scaldandosi, e aggiunge: — Quello che fa­te là dentro non mi piace, no.
—  Ah, vuoi dire le pannocchie?

Andrea Vasari era stato trovato curvo sul tavolo della stanza di Roger, con la testa sul pianale. Respirava. — Dai, Andrea, svegliati — gli avevano detto Pizzi e Sali­ceti. Ma Andrea era rimasto immobile. Allora l'avevano preso e messo su una barella e l'avevano trasportato al fondo del corridoio, in rianimazione. Da allora sono passate sedici ore e non è cambiato niente: Andrea re­spira e, forse, sogna. L'infermiera che se ne occupa cer­ca a intervalli regolari di avvertire la moglie di Andrea, Nadia, ma nessuno risponde al telefono. Andrea Vasari respira, non in modo perfetto, però: ha un notevole raf­freddore. Su un modulo sta scritto: coriza. La burocra­zia non fa differenza tra esterni e colleghi.
Giorgio Saliceti è un nome di punta della biotecnolo­gia. Sta tornando da un convegno sui vegetali transge­nici. Di solito guida rilassato, ma dopo quello che è ca­pitato nella stanza di Roger non si sente tranquillo. Prima di tornarsene a casa, vuole passare in Clinica per vedere come evolve la situazione di Andrea. Ma soprat­tutto per vedere a che punto è Roger.
Roger è il coniglio-cavia del laboratorio di genetica.
Andrea Vasari respira. Il tracciato è molto mosso. Se sta sognando, lo sta facendo intensamente. L'infermie­ra e l'anestesiologo osservano il monitor: — Cosa gli starà passando per la testa? — si chiedono.
Nella mente di Andrea Vasari alcune immagini sono nitide, altre sono confuse, ma tutte sono connesse in uno sviluppo che sembra una storia, una storia con una sua logica.
All'inizio lui è; come ogni mattina, nel laboratorio. Da qualche tempo i rapporti con gli altri colleghi sono cambiati. Con Giorgio qualcosa si è raffreddato. Gior­gio è un capo, una potenza, e tende a sottovalutare gli altri. Dal punto di vista scientifico, come minimo. Po­chi giorni fa ha ridicolizzato Andrea davanti a tutti. Andrea stava illustrando un'ipotesi di lavoro. Strana, d'accordo, lo sapeva lui per primo. Si trattava di consi­derare la possibilità che per via genetica fosse pratica­bile una specie di intervento sulla materia. Proprio co­sì, anzi, meglio: sui nuclei degli atomi. Sergio aveva riso apertamente: era diventato tutto rosso. I colleghi di medicina nucleare si davavo di gomito. Il tecnico dì radioterapia gli aveva fatto un gesto inequivocabile con la mano che imitava la bottiglia di alcolico.
Con Sergio erano stati amici, un tempo. Ma adesso Andrea sentiva l'altro allontanarsi sempre di più. E que­sto allontanamento, che lo feriva, aveva un nome co­mune: carriera. Quando Sergio aveva prodotto il mais transgenico dai chicchi grandi come kiwi ("Guarda" gli aveva detto "con uno di questi puoi fare un pop-corn grosso come un cavolfiore!"), i rapporti si erano guasta­ti. Sergio era come l'ombra di Saliceti. E Saliceti, stra­namente, sembrava accettare quella vicinanza palese­mente strumentale.
Anche con Angela i rapporti erano cambiati. Erano diventati amanti.
Il tracciato si agita. Il corpo di Andrea no. L'infer­miera sta per finire il proprio turno.
—   Può restare? — le domanda Volatier. E poi ag­li giunge: — La prego.
Nella mente di Andrea Vasari la storia con Angela è , fatta di immagini vividissime. Ma interi frammenti della vita quotidiana con Nadia cercano di sovrapporsi e di cancellarle. A volte ne risulta un ibrido che, soprattutto nelle sequenze più erotiche, ha l'effetto di mortificarlo e abbatterlo. Nadia non sa di Angela. Angela vuole che Andrea dica di lei alla moglie. Angela e Nadia sono amiche: si vedono spesso finito il lavoro. Nadia fa l'assicuratrice. L'appartamento di Angela Thompson è proprio di fronte a quello di Andrea e Nadia, dall'altra parte della strada, nell'isolato sedici. Quando Andrea è a casa, spesso guarda verso le finestre di Angela: dalle luci, dal­le ombre, cerca di dedurre cosa stia facendo l'amante. Quando è con Angela, guarda le proprie finestre e indo­vina le attività della moglie. E dei due figli, soprattutto del più piccolo. L'altro sta sempre al computer connes­so in rete.
Il tracciato continua la sua danza. Andrea resta im­mobile. Tranne che per il torace.
    Hai rintracciato la Thompson? — domanda Vo­latier all'infermiera.
    Non riesco a trovare neanche lei. Al cellulare però mi dà libero.
Andrea si è preso il raffreddore. La stanza di Roger è piena di spifferi. La stanza di Angela invece è tiepida e silenziosa. Angela è calda e per niente silenziosa. An­drea non si concentra sul sesso, ha una serie di pensie­ri, il primo dei quali si muove in un appartamento dall'altra parte della strada. Angela dice: — Devi dir­glielo.
Andrea dice: — Sì, hai ragione. Non so come fare.
    L'importante è che lo fai. Così non ha più senso.
    No, certo che no.
—  Io Nadia la vedo spesso, andiamo insieme al cen­tro commerciale, prendiamo il tè, ci parliamo come fanno due amiche, capisci?
—   Sì.
—  Poi ci salutiamo, qui sotto. E io salgo in casa. E lei sale in casa. E a volte tu poi arrivi da me, e mi spogli e mi baci e mi tocchi, capisci?, mentre le telefoni e le di­ci che in laboratorio c'è da fare, e che devi restare a la­vorare non sai quanto. E lei il giorno dopo mi chiede "Ma che cosa avete da fare di tanto urgente al laborato­rio?" E allora io fingo "Perché?" E lei mi dice "Ieri An­drea ha fatto tardi" e poi scherza: "Colpa di quello stu­pido coniglio" e ride. E io rido con lei, ma non ce la faccio più.
—   Hai ragione — dice Andrea. E starnutisce.
Andrea respira. Il tracciato dell'attività cerebrale ad­dirittura migliora.
    Cosa aspettate a buttarlo giù dal letto? — do­manda sarcastico Sergio Pizzi.
    Non scherzare. Non c'è niente da scherzare — dice Volatier.
—   Bum!
Ultimamente nel laboratorio succedono cose un po' strane. O forse è solo la vita privata di Andrea che si frappone tra lui e il lavoro distorcendo le sue sensazio­ni? Però come si spiega il calo di attenzione professio­nale, che è evidente anche se solo per qualche indizio (una coltura batterica lasciata morire, un'altra che scompare, le immagini elettroniche del Cytomegalovi­rus con le colorazioni deviate, Roger che non ha appeti­to, il disegno, schizzato a mano, di un'altra elica so­vrapposta a quella del dna di un Parvovirus), proprio mentre invece la tensione tra loro quattro è al massimo e i riflettori sono tutti puntati sul laboratorio? Come si spiega che quando Andrea formula un'ipotesi scientifi­ca sulla base del materiale che hanno elaborato tutti in­sieme, Sergio e Giorgio come prima reazione cercano di ridicolizzare l'ipotesi e quindi, ma solo Sergio, di ri­dicolizzare lui? Calunniandolo anche fuori dal labora­torio, poi! E cosa ne pensa Angela?
—  Angela, cosa ne pensi?
—   Paranoie, tesoro. Tutto dipende dalla nostra si­tuazione, sai? Non possiamo continuare così.
    No, certo. Però...
    Cosa c'è, caro?
—   Non so se hai notato... oggi... per esempio... Ro­ger...
Tracciato regolare. Respiro regolare.
—  Ha trovato qualcuno?
—   No, né la moglie, né i figli. La Thompson non ri­sponde. Saliceti invece sta arrivando.
—  Saliceti...
Saliceti guida sull'autostrada e ormai è in vista della Clinica. La notte invernale è limpida. Può vedere le sa­gome delle persone che si muovono in rianimazione. Lì c'è Andrea Vasari fuori combattimento. Saliceti imboc­ca la rampa d'uscita e mentre cerca sul cruscotto la tes­sera per pagare, ha un brivido e pensa "Cosa avrà sco­perto Vasari?".
Nella mente di Andrea Vasari adesso stanno pas­sando le ipotesi scientifiche che stava provando a met­tere per iscritto nei giorni precedenti. Solo che l'ingle­se lo intralciava. Ma adesso, mentre sta disteso in un letto del reparto rianimazione, adesso che se ne sta isolato dal mondo in terapia intensiva, la scienza nella

sua mente parla italiano. Con un accento di Fiesole, se è per quello.
Posto che siamo riusciti a modificare il patrimonio genetico di una famiglia di batteri finora dimostratasi resistente all'invasione virale, e posto che ad aggirare il problema si sia riusciti modificando il virus e non il batterio, cioè producendo un virus modificato apposta per modificare il batterio in quel preciso modo, e posto che il virus in questione non appare diverso da quello di un comune raffreddore, e posto infine che i batteri, mo­dificati dal virus da saprofiti, erano divenuti parassiti e in seguito a un'altra modificazione erano divenuti dap­prima simbionti e in seguito - quarantott'ore dopo! -addirittura patogeni, e posto ancora (me ne stavo di­menticando) che i batteri transgenici finali si sono di­mostrati non solo resistenti alla radiazione ionizzante, ma addirittura...
Il tracciato impazzisce. Il respiro è regolare. La tem­peratura nella norma.
— L'amico deve star sognando un mucchio di don­nine — dice Pizzi — magari con qualche inglesina... — aggiunge strizzando l'occhio a Saliceti, che è appena arrivato. Saliceti storce la bocca. Non ha mai sopporta­to l'umorismo di Pizzi. Ma sotto le maschere non si ve­dono le espressioni delle bocche.
...addirittura la radiazione provoca un'altra mutazio­ne, che non abbiamo ancora capito, che ci sfugge. Che non abbiamo voluta e che meno ancora riusciamo a controllare. Il metabolismo dei batteri è radicalmente cambiato. Carbonio e ossigeno e idrogeno, non li man­gia, li divora... e, come dire?, e caga altri elementi...
Nella mente di Andrea risuona la voce di Pizzi: — Caga, dici? Ottimo termine, scientifico, poi. Detto di un batterio mi sembra azzeccato. E cosa cagherebbe, oro?, zolfo?, eh?
Risuonano anche le risate degli altri.
E per ultima risuona la sua stessa voce: — No, fosforo.
    Si muove! Presto! Si è mosso!
    Cosa?
    Le palpebre! Presto! Andrea! Mi senti? Andrea...
Richiude le palpebre. Il tracciato continua a segnala­re intensa attività cerebrale. Saliceti guarda Pizzi. Pizzi ricambia lo sguardo. Volatier nota i gesti dei due e do­manda cosa ne pensino.
—  Niente — dicono.
Nella mente di Andrea le immagini sono nitide. Sono lui e Nadia, a casa, seduti sul divano. Lui ha deciso di dire alla moglie che ha una relazione con Angela. Men­tre esita raccogliendo le forze, guarda fuori dalla fine­stra. L'appartamento di Angela è illuminato. Forse sta guardando la tele. Forse sta curiosando in Internet. La luce nell'appartamento è quella di un video.
    Caro, a cosa stai pensando? — gli domanda Na­dia. Andrea capisce che il momento è arrivato. Inspira. Ma uno starnuto gli ferma la frase in gola. Quando il suo volto riemerge dal fazzoletto bianco, dice: — Devo aver preso freddo in camera dei ragazzi. Tengono tutto aperto...
    Non gli hai detto di coprirsi? — domanda Nadia.
    Hanno addosso i cappotti. Giocano a uno di quei giochi cretini sulla rete, sai, quelli dove chi perde fa le penitenze.
    In rete?
    Sì. Per esempio, devono vestirsi in un certo mo­do, lo fanno, si fotografano, passano la foto al photo-shop e la distribuiscono in rete.
    Tutto il giorno davanti al video...
    Anche noi, con la tele, mica che scherziamo, no? Mi dice Andrea e subito guarda verso l'appartamento di fronte dove Angela forse sta davanti a un video, anche lei. Pensa che ormai il momento è passato, che non dirà niente a Nadia. E mentre pensa a Angela, sente Nadia dire: — ...Angela allora mi ha detto che...
    Come, scusa? — dice Andrea.
    Dicevo che questo pomeriggio sono andata a fare



acquisti con Angela, che mi ha detto che deve cambiare un sacco di elettrodomestici.

   Ah, bene...

—   Cosa dici? Non sai quanto costa la roba?

—   Sì, no.

—   Stai male?



   No, stavo pensando — dice Andrea, ed è vero, stava infatti pensando ad Angela e stava pensando che non poteva continuare, che forse il discorso l'avrebbe fatto ad Angela, mica a Nadia.

   ...guastato così, all'improvviso. E anche il compu­ter, pensa, nello stesso momento.

—  Nello stesso momento di cosa?

—  Nello stesso momento sono saltati sia il video del­la tele, sia quello del pc. Di Angela. Ma mi ascolti?

Nella mente di Andrea la catena delle deduzioni tra­scorre di nuovo, rapida come in quel momento. Fosfo­ro. Batteri. Virus. Raffreddore. Carbonio, ossigeno, idrogeno, cioè vita, vita animale. Batterio che se li man­gia. Fosforo. Si conserva nell'acqua, si incendia all'aria. Dove erano finite le colture batteriche? Che cosa man­da quella luce nella casa di Angela, se la tele è fusa, se il pc è morto?

Nella mente di Andrea il delirio ha preso il posto del­la memoria?

Dal tracciato non lo si può capire.

Nella mente di Andrea le immagini sono grottesche. Corre in strada? Sale da Angela? Entra in casa di lei? Ma no, non è possibile. Piuttosto si alza di scatto e sen­za dire a Nadia quale sia il suo orrendo sospetto, sale per andare dai ragazzi. È a pochi passi dalla loro stan­za. La porta è chiusa. Dalla stanza non giunge nessun rumore. Da sotto la porta balugina una luce che è come quella del video. Come quella del video, dei fosfori del video. Andrea sta per vomitare, ma controlla i conati e chiama i ragazzi. Non rispondono. Oppure è davvero sceso e ha davvero attraversato la strada ed è davvero salito fino da Angela e poi ha forzato la serratura? O ha abbattuto la porta a spallate? E poi è corso di stanza in stanza, e finalmente in bagno ha visto quello che non poteva immaginare?

No, è davanti alla porta della stanza dei figli e vuole farsi aprire. Ma nessuno risponde. Allora abbassa la maniglia. La porta è aperta. Entra in un bagliore sini­stro e quello che vede, sul pavimento, è ciò che non può vedere, è ciò che non riesce a guardare. E da lì viene il bagliore. Oppure quello che vede è nella vasca da bagno di Angela e una volta era Angela, mentre adesso non è più niente, niente di vivo? Niente che si sia già visto?

Il tracciato ha un sussulto. Poi segna fasi concitate. Ecotomografia? Risonanza magnetica? Come guardare nella mente di Andrea? Jean-Luc Volatier ha un cupo presentimento. Pizzi e Saliceti osservano il corpo di An­drea.

Nella mente di Andrea l'incubo sta svelando il pro­prio volto. La fantasia cerebrale è fatta di fosforo, di fo­sforo che è come un cancro della materia, di corpi vi­venti che un batterio costruito nel laboratorio in cui lui stesso lavora sta modificando in composti di fosforo, che restano abbastanza fermi fino a che l'acqua di cui siamo latti li tiene in se stessa, ma l'acqua stessa è inva­sa dal cancro della materia e quando il fosforo vedrà l'aria ci sarà la luce. La luce nella mente di Andrea, che mentre illumina confonde anche i timori con le colpe, le colpe con i ricordi, i ricordi con la genetica, la geneti-con i timori. La mente di Andrea è delirio.

Il tracciato.

Nella mente di Andrea, Andrea entra nella stanza dei suoi figli e nel bagno dell'amante e nella stanza di Ro-iger. Nella mente di Andrea, Andrea vede sul pavimento una cosa, vede nella vasca una cosa che, vede ciò che non può vedere, forse una cosa pastosa, luminescente, acquosa, viva di vita batterica, virale, e ciò che vede sul pavimento è sufficiente a ucciderlo.
Il torace di Andrea non si muove più.
Quando Angela Thompson arriva alla Clinica univer­sitaria, da un altro ascensore stanno salendo Nadia e i due ragazzi. Pizzi cerca di evitare lo sguardo di Vola-tier. L'infermiera sta piangendo in un locale attiguo. Il corpo di Andrea Vasari è immobile nel letto.
Saliceti intanto sta percorrendo il lungo corridoio verso il laboratorio di genetica. Se ci fosse un rilevatore di radiazione, adesso starebbe ticchettando e lo senti­remmo tutti.
Saliceti entra nel laboratorio. Mentre cerca l'inter­ruttore, scorge una luce provenire dalla stanza di Ro­ger, come se ci fosse un televisore acceso.
La vampata e il successivo incendio devastano la parte della Clinica rivolta verso il parco. Dall'autostrada si vedono le fiamme che dalla stanza di Roger stanno propagandosi tutt'intorno.

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